martedì 23 ottobre 2012

Venezia


Venezia è silenzio e acqua. Una città appesa, aggrappata al mare; una zattera, con radici fatte di legno che spuntano da un verde lucido, denso, che sembra olio.
I veneziani sono cozze che, a furia di stare con gli occhi e le gambe a mollo, hanno spurgato non la sabbia ma i difetti.





A Venezia senti i tuoi passi e quelli degli altri; la tua voce e quella degli altri. A Venezia le strade non portano a Roma: poche ti portano dove vuoi, molte di fronte a un muro d'acqua o a un muro vero. Venezia labirinto, Venezia prisma che riflette tutti i colori: bianca, quando il canale della Giudecca è una striscia di nebbia lunga; una chiazza di petrolio che si allarga e si restringe e fa rumore, di notte; un carnevale d'oro vivo, di rosso carminio, blu cobalto, quando c'è il sole.




Venezia città degli opposti: di terra e mare; di colori e toni di grigio; di consonanti scempie in un vociare di doppie; di chiasso e spallate, di silenzio e spazi grandi – come una processione, come stare in chiesa quando non c'è la messa. Città cartolina e città che scompare; città piena e città vuota, senza abitanti quando i negozi chiudono e si torna a Mestre; città di umidità e muffa che si regge su un legno che non vuole ammuffire.


Un posto vero e falso, come in un sogno quando sei in dormiveglia.  

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