Di lei dicono che dipinga
come un uomo e questo non le dispiace affatto. Determinate, forti,
sicure di sé, le donne di Elisabetta Rogai non hanno nulla
dell'arrendevolezza, della dolcezza del classico tocco femminile
sulla tela. Il suo stile è un originale mix tra figurativo e
informale fatto di infinite macchie di colore e volumi; il tratto è
sicuro, denso, diretto come lei,
una vera toro, “tostissima”, una che
considera l'arte un mestiere e la questione dell'ispirazione
una “stupidaggine da dilettanti, una fiaba metropolitana”.
Dipingere per Elisabetta Rogai è come vivere: naturale,
“una sensazione assoluta di appagamento” che la accompagna sin da
quando era una bambina e si divertiva a raffigurare le campagne
e i paesaggi della sua Firenze. Quasi subito però arrivano i
ritratti, visi e corpi di donne e bambini, i suoi soggetti preferiti
“quelli che conosco meglio, che senso più miei in quanto donna,
madre e nonna”, commenta la pittrice.
La sua prima mostra a 17
anni, allestita in un piccolo circolo parrocchiale, ha subito uno
strepitoso successo, “nel giro di un giorno ho venduto tutto, un
quadro addirittura per 40 mila lire, una bella cifra considerando che
eravamo nel 1970”, spiega. Il suo sogno era frequentare il liceo
artistico, dedicarsi anima e corpo alla pittura, una pretesa
inconcepibile per una ragazza borghese negli anni post '68. “Così,
per volere di mio padre, mi sono iscritta al ginnasio e sono
diventata maestra di scuola elementare”, racconta.
Nonostante non
fosse quello che avrebbe voluto “fare da grande”, l'insegnamento
l'appassiona, cerca di trasmettere ai suoi ragazzi l'amore per l'arte
e lo fa talmente bene che, nonostante per alcuni siano passati molti
anni, tutti i suoi allievi ricordano ancora le sue lezioni
interdisciplinari, nelle quali storia e letteratura si fondevano con
il disegno.
Tra la scuola, i compiti da correggere e i figli però
Elisabetta non smette mai di dipingere. Si è ripromessa di
dedicarsi a tavolozza e pennelli solo una volta andata in pensione ma nel 2001 le viene proposto di esporre negli spazi della
storica Officina Profumo Farmaceutica di Santa Maria Novella; la
tentazione è troppo forte - i suoi figli sono ormai cresciuti,
l'insegnamento inizia ad andarle stretto - così, accetta. Da lì
inizia la sua sfolgorante carriera: l'esordio internazionale a
Lugano e poi sulla croisette di Cannes nel 2002, le mostre personali a
Capri, Firenze, Venezia, Pietrasanta, Milano, Napoli, Washington che
hanno reso le sue opere tra le più apprezzate nel mondo.
Tutti
traguardi raggiunti lavorando sodo, trascorrendo intere giornate
chiusa nel suo studio con i suoi colori ad olio e le
modelle che fanno da sfondo ai suoi ritratti. Perché in primo piano
nelle sue tele c'è soprattutto lei. “Rappresento stati d'animo,
anche i miei. Ogni quadro rappresenta alla perfezione il momento
esatto della mia vita in cui l'ho realizzato”, anche le “donne
senza testa” degli esordi, disegnate così un po' per provocazione,
“un po' perché, probabilmente, all'epoca non ero abbastanza matura per dedicarmi completamente all'arte”, commenta
l'artista.
Ora, a 57 anni, lo è eccome spinta da quella costante voglia di sperimentare supporti
diversi dalla tela – pittura su iuta, cotone, intonaco, carta di
giornale ma soprattutto su tessuto denim, un'intuizione che l'ha resa
celebre a livello internazionale. Ultima in ordine di tempo, è la suggestiva trovata dell'“eno-arte, “dipinti
che letteralmente invecchiano come i colori – dal porpora e
violaceo agli ambrati e aranciati – con cui sono stati realizzati: vini rossi e bianchi", spiega Elisabetta.
Una
tecnica di grande impatto visivo mai stata realizzata prima; un altro
strumento di cui l'artista si serve per raccontare la vita, le
storie, i sentimenti di cinque donne, più una: se stessa.
(Pubblicato su Il Nuovo Corriere di Firenze, inserto Donne in Corriere del 19 febbraio 2011)
(Le foto apparse in questo post appartengono a Elisabetta Rogai)
(Le foto apparse in questo post appartengono a Elisabetta Rogai)
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