sabato 20 agosto 2011

"Io dipingo come un uomo"


Di lei dicono che dipinga come un uomo e questo non le dispiace affatto. Determinate, forti, sicure di sé, le donne di Elisabetta Rogai non hanno nulla dell'arrendevolezza, della dolcezza del classico tocco femminile sulla tela. Il suo stile è un originale mix tra figurativo e informale fatto di infinite macchie di colore e volumi; il tratto è sicuro, denso, diretto come lei, una vera toro, “tostissima”, una che considera l'arte un mestiere e la questione dell'ispirazione una “stupidaggine da dilettanti, una fiaba metropolitana”. 

Dipingere per Elisabetta Rogai è come vivere: naturale, “una sensazione assoluta di appagamento” che la accompagna sin da quando era una bambina e si divertiva a raffigurare le campagne e i paesaggi della sua Firenze. Quasi subito però arrivano i ritratti, visi e corpi di donne e bambini, i suoi soggetti preferiti “quelli che conosco meglio, che senso più miei in quanto donna, madre e nonna”, commenta la pittrice. 

La sua prima mostra a 17 anni, allestita in un piccolo circolo parrocchiale, ha subito uno strepitoso successo, “nel giro di un giorno ho venduto tutto, un quadro addirittura per 40 mila lire, una bella cifra considerando che eravamo nel 1970”, spiega. Il suo sogno era frequentare il liceo artistico, dedicarsi anima e corpo alla pittura, una pretesa inconcepibile per una ragazza borghese negli anni post '68. “Così, per volere di mio padre, mi sono iscritta al ginnasio e sono diventata maestra di scuola elementare”, racconta. 

Nonostante non fosse quello che avrebbe voluto “fare da grande”, l'insegnamento l'appassiona, cerca di trasmettere ai suoi ragazzi l'amore per l'arte e lo fa talmente bene che, nonostante per alcuni siano passati molti anni, tutti i suoi allievi ricordano ancora le sue lezioni interdisciplinari, nelle quali storia e letteratura si fondevano con il disegno. 

Tra la scuola, i compiti da correggere e i figli però Elisabetta non smette mai di dipingere. Si è ripromessa di dedicarsi a tavolozza e pennelli solo una volta andata in pensione ma nel 2001 le viene proposto di esporre negli spazi della storica Officina Profumo Farmaceutica di Santa Maria Novella; la tentazione è troppo forte - i suoi figli sono ormai cresciuti, l'insegnamento inizia ad andarle stretto - così, accetta. Da lì inizia la sua sfolgorante carriera: l'esordio internazionale a Lugano e poi sulla croisette di Cannes nel 2002, le mostre personali a Capri, Firenze, Venezia, Pietrasanta, Milano, Napoli, Washington che hanno reso le sue opere tra le più apprezzate nel mondo.


Tutti traguardi raggiunti lavorando sodo, trascorrendo intere giornate chiusa nel suo studio con i suoi colori ad olio e le modelle che fanno da sfondo ai suoi ritratti. Perché in primo piano nelle sue tele c'è soprattutto lei. “Rappresento stati d'animo, anche i miei. Ogni quadro rappresenta alla perfezione il momento esatto della mia vita in cui l'ho realizzato”, anche le “donne senza testa” degli esordi, disegnate così un po' per provocazione, “un po' perché, probabilmente, all'epoca non ero abbastanza matura per dedicarmi completamente all'arte”, commenta l'artista. 

Ora, a 57 anni, lo è eccome spinta da quella costante voglia di sperimentare supporti diversi dalla tela – pittura su iuta, cotone, intonaco, carta di giornale ma soprattutto su tessuto denim, un'intuizione che l'ha resa celebre a livello internazionale. Ultima in ordine di tempo, è la suggestiva trovata dell'“eno-arte, “dipinti che letteralmente invecchiano come i colori – dal porpora e violaceo agli ambrati e aranciati – con cui sono stati realizzati: vini rossi e bianchi", spiega Elisabetta. 

Una tecnica di grande impatto visivo mai stata realizzata prima; un altro strumento di cui l'artista si serve per raccontare la vita, le storie, i sentimenti di cinque donne, più una: se stessa.

(Pubblicato su Il Nuovo Corriere di Firenze, inserto Donne in Corriere del 19 febbraio 2011)


(Le foto apparse in questo post appartengono a Elisabetta Rogai)

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