venerdì 17 giugno 2011

Pitti - giorno 3: Meglio un giorno da leone o cento da pecora?

La moda è lo specchio della società. Non solo perché è lì che ci guardiamo ogni mattina prima di uscire per sincerarci di essere presentabili, ma perché è uno di quei settori (come tutti quelli nei quali girano tanti soldi, d'altronde) in cui il principio “poche persone a decidere per molte” non solo vale, ma vale prima di tutti gli altri. Pitti ne è l'esempio lampante: è il grande contenitore delle tendenze che andranno di moda per la stagione primavera-estate 2012. Gli uomini di tutto il mondo, se vorranno essere glamour, dovranno vestire secondo i dettami decisi in sole quattro giornate. Non c'è solo Firenze, direte voi. È vero: c'è la settimana della moda di Roma, Parigi, Milano, New York; ma il punto è un altro: sono sempre quelle 100 maison a decidere per tutti. 100 maison per 6.891.000.000 di corpi. 100 maison a dare il la a tutte le collezioni che l'anno prossimo affolleranno le boutique così come i negozi di capi “usa e getta” come Zara ed H&M.

Non sono contro la moda, sia chiaro. Chi mi conosce, conosce anche il mio guardaroba. Sono contro le dittature, però. Nel Sabatini-Coletti si definisce dittatura quell'“ordinamento politico autoritario in cui una sola persona, o un collegio di più persone, accentra in sé tutti i poteri” e, per estensione, “l'imposizione della propria volontà, delle proprie idee, dei propri interessi”.

Se io ora esco da casa e do un'occhiata a un paio di vetrine, che trovo? Pantaloni a vita alta, shorts, vestiti a fiori, camicie country, abiti e giacche modello Chanel. E se non dovesse piacermi tutta questa roba? Se volessi mettere su dei jeans che non siano stretch e mi coprano tutto il sedere; se volessi un armadio pieno di pantaloni a zampa di elefante? Potrei volerli. Ma non comprarli. Perché c'è qualcuno, "i pochi", che cercano di imporre le proprie idee "ai molti" che, non solo non hanno alternativa, ma devono pure essere additati come pecore. 

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