Schiene profonde, visi nascosti tra le mani, labbra socchiuse, corpi sinuosi e seminudi. Sono le Maddalene dipinte ad olio da Laura Aprile, pittrice 42enne di Ragusa – ma fiorentina d'adozione – di grande talento. “Non delle sante – spiega – ma donne che hanno vissuto, che incarnano il bene e il male, racchiudono in loro misticismo e sensualità”. Donne complesse, dunque, che svelano parti di sé, dei loro stati d'animo attraverso la tela come a creare un infinito mosaico o un ideale quadro puntinista. Viste da vicino emergono le mille sfaccettature del loro incarnato, la bellezza delle pennellate che ne sottolineano le forme, i particolari: dalle unghie lunghe e squadrate alle rotondità dei seni. Ma se le si osserva dalla giusta distanza, ecco apparire un unico soggetto: Laura Aprile, pittrice e modella di se stessa che, attraverso pennelli e tavolozza, esprime il suo mondo, la sua interiorità più profonda. “Dopo anni trascorsi a dipingere dal vero mi sono resa conto di quanto i corpi che rappresentavo somigliassero sempre meno alle modelle di cui mi servivo e sempre più a me, così ho deciso di dipingere solo me stessa”, spiega. Ma non si tratta di narcisismo o, almeno, non del tutto. È anche una questione pratica: lei sa esattamente quel che vuole, la posa, l'atteggiamento, l'intensità emotiva di cui ha bisogno, dunque fa tutto da sola, usa l'autoscatto per poi passare alla composizione del disegno e ai colori.
C'è dell'altro, però. Come dice lei stessa, infatti, Laura si ama ma non si piace molto, “il che è ben diverso”, commenta. La sua immagine riflessa nello specchio non le dispiace, certo, ma lei si ama affettuosamente soprattutto come donna e risponde semplicemente a un istinto, a quell'energia calamitante che la porta a trasferire su tela una parte di sé che altrimenti sarebbe inafferrabile, risulterebbe incomprensibile persino per se stessa. La sua, insomma, è una “ricerca dell'interiorità che si sposa con l'esteriorità”, con quell'involucro, come chiama il suo corpo, oltre il quale non c'è solo una persona ma una, nessuna e centomila insieme. Forse è per questo suo desiderio di risposte, di capire e capirsi che, quando lavora a un quadro non vede niente e nessuno, lavora giorno e notte pur di finirlo. Per lei il suo non è un mestiere da cui si possono prendere pause ma un'esigenza impellente, quasi maniacale, la vocazione che ha l'assoluta priorità nella sua vita, a parte sua figlia, ovviamente. Ogni volta dipingere una delle sue Madonne “è quasi un parto ma senza dolore; un momento nel quale sei consapevole e ubriaco allo stesso tempo”, spiega l'artista. Una sorta di estasi artistica che Laura raggiunge quando il quadro che ha di fronte riesce a placare l'occhio ipercritico del suo giudice interiore, “a rispondere con un sì a tutte le domande che mi pongo”, commenta. Domande che poi le sue donne continueranno instancabilmente a fare a chi li acquista, e sono in molti a farlo.
Pezzi di sé che vanno via ed entrano a far parte della vita degli altri; è questo il segreto di Laura Aprile, “una schiena, una mano, un piede che sappiano parlare”, una pittura intelligente e comunicativa a metà strada tra espressionismo e iperrealismo che si nutre di quadri di Rembrandt, Freud e Mantegna, scatti fotografici, viaggi, esperienze di vita e scrittura. Una vera e propria artista a tutto tondo, Laura, ambiziosa e sicura, una che aveva deciso di diventare pittrice già da piccolissima ma, allo stesso tempo, una donna impenetrabile e insicura che si lascia spaventare dal vuoto della tela bianca, dal terrore di non riuscire a colmarlo. Ecco ciò che rappresentano le sue Maddalene, “un ritratto onesto, senza bugie” di una persona a cui l'arte ha dato tanto ma anche tolto molto, “la comprensione di chi non è come te ma ti amerà alla follia, l'amore di chi invece ti capisce ma ti odierà perché non sarà mai come te”, conclude.
(Il Nuovo Corriere di Firenze, inserto Donne, 19 febbraio 2011, pag. 13)
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