giovedì 2 dicembre 2010

Ero, sono, sarò


Quando avevo cinque-sei anni bastavano una paletta e un secchiello perché diventassi amica di tutti i bambini della spiaggia; almeno questo è quello che mi dice mia madre, perché io proprio non me lo ricordo. Che sia successo in uno di quei giorni d'estate, non ricordo neanche quello. Eppure qualcosa ci deve essere stato dato che la timidezza è stata la prima compagna della mia vita. Arrossivo per tutto. E lo odiavo, con tutte le mie forze: mi faceva sentire vulnerabile. Se a molti le parole dette rimbalzavano addosso, a me si conficcavano nello stomaco, come la freccetta di un tirassegno; tutte, anche quelle per cui non c'era davvero nessuna ragione per arrossire.

Per evitare che le mie guance prendessero letteralmente fuoco, spesso stavo zitta. Credo sia per questo che ho sempre avuto delle grandi chiacchierone come amiche. Per loro ero perfetta: sapevo ascoltare. Per me erano perfette loro: sapevano parlare. Entrambe eravamo perfette in ciò che l'altra non era capace di (o disposta a) fare. Ho usato un plurale ma, a dire il vero, di amica ne ho quasi sempre avuto una per volta: una alle elementari, una alle medie, qualcuna di più alle superiori. E come ne ero gelosa. Ero convinta sarebbero state le uniche persone sulla terra con cui avrei potuto mostrarmi per quella che ero, e non volevo perderle. C'è voluto quel mare di chilometri che ancora mi separa da casa per capire che dovevo smettere di combattere quell'odiata timidezza, che dovevo accettarla, e accettarmi. Così la presunzione di avere un qualche “diritto di proprietà” sulla migliore amica di turno è scomparsa. E che sollievo ho provato.

Da qui è iniziata una nuova fase della mia vita; se dovessi darle un nome, la chiamerei “ma chi è questa?”. È la domanda che si son senz'altro fatti in molti nel vedermi solo qualche volta all'anno per le vacanze.
Penso sia successo un po' a tutti che qualcuno che non vi capita sotto gli occhi ogni giorno vi sembri dimagrito o ingrassato. “Non so, io mi trovo sempre uguale”, è la classica risposta. Così come è un classico chiedere conferma alla persona che più di tutti ti conosce; proprio quella che, nella maggior parte dei casi, non s'è proprio accorta di nulla (o quasi). A me è successo più o meno lo stesso: chi mi conosceva per com'ero prima di prendere quell'aereo è rimasto, come dire, un po' sorpreso; chi era lì durante il volo, s'è goduto il viaggio accanto a me ed stato il mio primo compagno di conversazione, quella vera. Quello a cui non basta vomitarti addosso la sua vita per credere di aver fatto “proprio una bella chiacchierata”. Ma che vuole sapere di te e, se serve, è disposto a togliertele fuori, quelle parole che sembra voglia a tutti i costi tenere per te.

In questo sono cambiata. Non nella timidezza che spesso ancora mi blocca e mi infiamma le guance: ho imparato a espormi, parlando di me, di quel che mi passa per la testa; a costo di star male e di fare male. A costo di essere etichettata come “polemica”, “bastian contrario”, “sentenziosa” e quant'altro. Non è meglio sapere che stai facendo-dicendo-pensando una cazzata piuttosto che fare un sorrisino di circostanza e dire “guarda, hai perfettamente ragione”? Certo che è meglio. Gli amici, la famiglia servono proprio a questo; a dirti prima di tutti gli altri che quella che hai fatto è davvero la cazzata del secolo, il che non vuol dire voler meno bene o considerare quella persona meno in gamba, o che so io. Ma solo che è una persona e tutte, prima o poi, sbagliano.
“Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”, si dice così, non è vero? Bene, io credo di aver applicato questo motto alla mia vita, (ci provo, almeno). Non vorrei mai che qualcuno che mi è accanto mi facesse quel sorriso e io cerco di non farlo agli altri.

Ognuno segue la sua strada. Ecco un'altra cosa che ho capito in questi anni, e a mie spese. È difficile da accettare, lo so. Ma si può, non accontentandosi di vedere i risultati di un cambiamento, ma prendendone parte; anche se abbiamo le nostre beghe, i nostri scazzi, le nostre preoccupazioni. Altrimenti si rischia di tenere in piedi rapporti esclusivamente “in onore dei vecchi tempi”, di voltarsi e accorgersi di avere accanto persone che di te ormai non sanno più nulla.

Piuttosto, tu come stai oggi?

2 commenti:

  1. oh yesss!questo si che è affrontare se stessi!!!

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  2. Bellissimo e coraggiosissimo. Credo sia difficile vedere qualcosa di più esplosivo del momento in cui una persona che si è trattenuta per anni accetta se stessa e decide di lasciarsi andare e di esprimersi. Questi voli inaspettati fanno restare tutti a bocca aperta.

    Michela

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