giovedì 17 novembre 2011

mr. B. e gli italiani


“Il Monti” non è nemmeno salito al Colle che già sono iniziate le proteste. Gli studenti temono il remake di un film già visto con politici (che politici non sono, almeno per la maggior parte) rimbambiti a furia di contare soldi e un popolo che da contare non ha più nulla, se non le pecore per via dell'insonnia. Mr. B. dice che i supereroi rimarranno sù solo finché “non lo dirà lui” (e quelli dei Pdl) come diceva anche il tizio che ipnotizzava le vecchiette a Domenica in. Mr. B. dice pure che d'ora in poi farà l'“imprenditore politico” e viene da chiedersi che cosa abbia fatto finora. 

I giornali ce lo hanno mostrato da ogni angolazione: mentre salutava una folla inesistente, di spalle con il capo chino, mentre gli sfasciavano la macchina (ma tanto non era sua) con le monetine che ci erano avanzate dall'era Craxi.

Guardatevi intorno: i berlusconiani si sono estinti. Sembra non siano mai esistiti. Sembra che per diciassette anni nessuno lo abbia adagiato sulla sua bella poltrona di velluto. Sembra che mr. B. un giorno come tanti si sia fatto calare dal suo elicottero personale sopra Palazzo Chigi e si sia incollato al soffitto come fanno vedere nella pubblicità della Patafix. Ebbene, per quanto in quasi vent'anni ne abbia combinata di ogni, questa cosa in particolare gli manca. Forse se gliene avessero lasciato il tempo, quegli undici traditori (di cui uno inconsapevole, in preda al “mal di pancia politico” o a qualche virus intestinale), qualche altra soddisfazione ce l'avrebbe pure data. Ma bisogna guardare i fatti: mr. B. è stato eletto. Magari non da te che leggi o da nessuna delle persone che conosci, ma questo non ha alcuna importanza.

Non siamo dei gran patriottici, noi italiani; ognuno per conto suo e una nazione solo durante i mondiali di calcio. Siamo come i mocciosi che prima piagnucolano e poi fanno la spia e si girano pure a farti la linguaccia. 
Gl'Italiani hanno voluto far un'Italia nuova, e loro rimanere gl'Italiani vecchi di prima, colle dappocaggini e le miserie morali che furono ab antico la loro rovina; [...] pensano a riformare l'Italia, e nessuno s'accorge che per riuscirci bisogna, prima, che si riformino loro” scriveva Massimo d'Azeglio all'indomani del 1861. Cosa sia cambiato, non spetta a me dirlo.
Quel che è certo, se non cominciamo a prendercela un po' della colpa, noi italiani (come popolo e non come massa) non più tardi di domani finiremo col ritrovarci a lanciare contro un'automobile le poche monetine che ci rimangono in tasca.  

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