L'Africa è un territorio magico. Una volta toccata la sua terra, annusati i suoi profumi, visto i suoi colori ti entra dentro e non ti lascia più. Alcuni dicono addirittura che in qualche modo possa cambiare i destini delle persone, e forse in parte è quello che è successo a Silvia Amodio, fotografa e giornalista milanese di grande talento. “La prima volta che arrivai in Africa nel 2005 pensavo che la mia strada fosse già segnata: ero una giornalista e fotografa specializzata nei reportage sugli animali e pensavo che avrei fatto quello per tutta la vita. Quando poi mi sono trovata davanti agli occhi la povertà delle baracche delle township di Langa ho sentito l'esigenza di raccontare le persone” afferma la reporter. Il risultato sono diverse centinaia di scatti che immortalano visi, stati d'animo, vite intere: il sorriso di bimbi paffuti, le dita sottili a coprire l'imbarazzo di una giovane ragazza, lo sguardo intenso e duro di una donna, le mani giunte di un ragazzo dagli occhi color dell'ebano.
Questo è il Sud Africa di Silvia Amodio. Quei volti positivi, come recita anche il titolo della mostra fotografica firmata dalla reporter milanese per la lotta all'Aids esposta in parte, simbolicamente, al Nelson Mandela Forum. Volti in bianco e nero che nella loro commovente semplicità mostrano l'altra faccia di una malattia che ogni anno provoca la morte di tre milioni e mezzo di persone, l'85% solo in Africa: quelli delle persone, donne, bambini, anziani, che riescono a guardare dentro l'obbiettivo con speranza e positività nonostante molti di loro siano malati. “Uno dei problemi più grandi legati all'Aids in Africa è lo stigma, il rifiuto del malato, per questo ho deciso di rappresentare insieme malati, chi non è, o ancora non sa di esserlo, com'è effettivamente nella realtà” afferma Silvia Amodio.
Ma c'è un altro motivo, un invito a non abbassare la guardia perché tutti possono essere portatori inconsapevoli di un virus subdolo, che non si vede e per molti anni non si manifesta. Nessuno è escluso. Non è un caso che le foto di questo reportage sembrino figure senza tempo: lo sono. Non si capisce quando siano state scattate, né dove, nemmeno se si tratta di persone ricche o povere. Non si capisce ma, soprattutto, non importa. Questo il significato del fondo, in tutti gli scatti rigorosamente bianco, quello di estrapolare quei visi dal loro contesto ed evocarli come simbolo della lotta per la vita, restituendogli quella dignità e quella forza che unisce tutti in un solo nome, l'umanità.
(Il Nuovo Corriere di Firenze, inserto Donne, 23 gennaio 2010, pag. 17)
(Le cinque foto che appaiono in questo post sono state scattate da Silvia Amodio).
(Le cinque foto che appaiono in questo post sono state scattate da Silvia Amodio).
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